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Cheratocono

Epidemiologia e manifestazioni cliniche

Il cheratocono è una patologia progressiva in cui la cornea assume una forma conica irregolare secondaria all’assottigliamento stromale e alla protrusione.E’ caratterizzato da un aumento progressivo della curvatura corneale tipicamente nella porzione infero centrale con eventuale  assottigliamento corneale, miopia e astigmatismo regolare o irregolare. Diversi studi hanno mostrato una prevalenza che varia dai 50 ai 200 casi per 100.000 abitanti. La patogenesi della condizione è ancora poco conosciuta, ma sono state individuate  alterazioni enzimatiche come aumentata espressione di enzimi lisosomiali e livelli diminuiti di inibitori degli enzimi proteolitici. Questi cambiamenti potrebbero essere la causa della degenerazione stromale. Lo sfregamento degli occhi (determinando il rilascio di interleuchina-1)  potrebbe contribuire allo sfiancamento corneale.

Il cheratocono può essere associato a diverse malattie, sistemiche e oculari. Le patologie sistemiche associate sono la Sindrome di Down, Sindrome di Turner, Sindrome di  Marfan, Sindrome di Ehler Danlos, l’atopia (35%), la osteogenesi imperfetta e il prolasso della valvola mitralica. Le malattie oculari associate sono la cheratocongiuntivite primaverile, la sclera blu, l’aniridia, l’ ectopia lentis, l’ amaurosi congenita di Leber e la retinite pigmentosa. L’esordio avviene intorno alla pubertà con una progressione lenta (ma in alcuni casi anche molto rapida) in seguito, fino ai 30-40 anni quando solitamente si arresta, sebbene l’ectasia possa stabilizzarsi in qualsiasi momento. Il decorso è quindi imprevedibile. In quasi tutti i casi entrambi gli occhi sono affetti a livello topografico e nelle forme più gravi sono più frequenti i quadri asimmetrici. Il ruolo dell’ereditarietà non è stato ancora chiarito visto che la maggior parte dei soggetti non hanno una anamnesi familiare positiva. I discendenti sembrano essere affetti nel 10 % dei casi ed è stata proposta una ereditarietà di tipo autosomico dominante con penetranza incompleta. Di solito l’esordio è asimmetrico. Il paziente può riferire numerosi cambiamenti di prescrizione delle lenti o una ridotta tolleranza alle lenti a contatto. L’occhio adelfo può essere emmetrope o avere un astigmatismo trascurabile che però può aumentare con la progressione della patologia.

Una possibile complicanza del cheratocono è l’idrope acuto, caratterizzato da un’entrata improvvisa di umore acqueo all’interno della cornea, secondaria a una rottura della membrana di Descemet. Il quadro esordisce con un brusco calo della vista che può essere accompagnato o meno da dolore. Nella maggior parte dei casi l’edema acuto si risolve spontaneamente, senza rischi, una volta che l’endotelio ricopre la rottura migrando dalle zone adiacenti: non è quindi necessario intervenire d’urgenza. La cheratoplastica in questa fase è al contrario sconsigliata perché l’edema corneale rende impreciso e difficile l’intervento. Dal momento che non c’è alcun rischio ad aspettare, si consiglia di osservare l’evoluzione. Se dopo un mese circa il quadro non migliora si può favorire la chiusura della membrana di Descemet con un intervento chirurgico che consiste nell’introdurre una bolla d’aria in camera anteriore. La bolla d’aria in contatto con la rottura evita la continua filtrazione di acqueo nello stroma e facilita la chiusura della breccia da parte delle cellule endoteliali. La cheratoplastica si rende necessaria quando l’edema non si risolve nonostante l”iniezione di aria, anche ripetuta più volte, o quando una volta risolto l’edema rimane un leucoma che limita il recupero visivo.

Diagnosi

La diagnosi di cheratocono è semplice nella fase manifesta della malattia. Alla lampada a fessura si può riconoscere la deformazione a cono della cornea con una riduzione di spessore centrale e paracentrale. Si possono inoltre osservare le strie di Vogt,  linee verticali e sottili localizzate nello stroma profondo presenti nel circa 40% dei casi, e  l’anello di Fleischer, caratterizzato dalla presenza di depositi ferrosi epiteliali che circondano la base del cono, presente nella metà dei casi. I leucomi superficiali, dello stroma profondo o della Descemet si evidenziano nel 20% dei casi, soprattutto nelle forme evolute.

 L’astigmatismo può essere evidenziato con la cheratometria ma la topografia corneale risulta l’esame più importante, soprattutto nella diagnosi della fase iniziale della malattia.  A questo riguardo gli indici di Rabinowitz possono essere di aiuto nel sollevare il sospetto o la conferma di cheratocono. Il primo indice è il valore K che risulta positivo quando la cheratometria ha valori  che superano le 47,20 diottrie (D). L’indice I-S è positivo quando l’astigmatismo della cornea inferiore è maggiore di 1,5 D rispetto alla porzione superiore. Infine, l’indice KISA include i valori K e I-S, quantificando in un valore sia l’astigmatismo regolare (K) che quello irregolare (I-S). Un valore tra 60 e 100% deve essere interpretato come un caso di forte sospetto per cheratocono e valori  del 100 % indicano un cheratocono franco. Altri parametri molto utili nel monitorare e classificare il cheratocono sono la cheratometria massimale (Kmax) e cheratometria apicale (AK) Il cheratocono va posto in diagnosi differenziale con le altre ectasie corneali, le ectasie post traumatiche e le ulcere che determinano assottigliamento.

Classificazione

La prima classificazione dell’evoluzione e severità del cheratocono è stata proposta da Amsler e successivamente modificata da Krumeich, dividendo la patologia in quattro stadi.

Stadi di Evoluzione (sec. Krumeich)

  1. Astigmatismo/miopia < 5.00 D, K < 48 D, strie di Vogt, topografia compatibile
  2. Astigmatismo/miopia tra 5-8 D, K tra 48-53 D, pachimetria tra 400-500 µm
  3. Astigmatismo/miopia tra 8-10 D, K tra 53-55 D, pachimetria tra 200-400 µm
  4. Refrazione non misurabile, K > 55 D, leucomi centrali, pachimetria < 200 µm

Lo stadio è determinato dalla presenza di una delle caratteristiche indicate.

Trattamento

Il trattamento prevede l’utilizzo di diverse strategie che vanno da metodi conservativi a mini-invasivi, fino ai trapianti corneali. L’utilizzo degli occhiali è spesso il primo passo nella correzione dell’errore refrattivo di un paziente con cheratocono. Al momento della diagnosi, quasi la totalità dei pazienti ha già una prescrizione di lenti visto che i primi segni della patologia sono i difetti refrattivi. L’occhiale può fornire una correzione adeguata nei primi stadi di malattia ma il limite principale è  rappresentato dal fatto che la patologia determina uno sfiancamento corneale e un astigmatismo irregolare difficile da correggere. La lente a contatto (LAC) è di solito rigida o rigida gas permeabile (RGP o “semirigida”). Rispetto alle LAC morbide, sono meno tollerate, ma avendo una struttura rigida permettono di omogeneizzare la superficie corneale correggendo nel modo migliore l’astigmatismo irregolare. Nelle persone intolleranti a questo tipo di lente si possono cercare soluzioni particolari quali lenti morbide da cheratocono, lenti  accoppiate (LAC morbida con sopra RGP), gemellate (LAC RGP fusa con morbida nella parte periferica), o sclerali. Nel cheratocono iniziale non ci sono controindicazioni ad utilizzare una LAC morbida, come se si trattasse di una semplice miopia. La consuetudine di considerare la lente a contatto un presidio che può fermare o rallentare la progressione del cheratocono non è mai stata confermata scientificamente. Pertanto non c’è ragione di applicare precocemente la lente a contatto o utilizzarla costantemente: l’uso prolungato o sconsiderato delle lenti può al contrario causare danni alla cornea come ad esempio la formazione di opacità superficiali causate dallo sfregamento cronico. La lente deve essere quindi considerata un ottimo presidio correttivo ottico da utilizzarsi quando necessario, ma anche un corpo estraneo che viene appoggiato sull’occhio e che può quindi trasmettere infezioni o causare danni se usata senza giudizio e attenzione.

 Il trapianto di cornea si rende necessario quando la LAC non è tollerata o quando il recupero visivo non è adeguato, come ad esempio nel cheratocono evoluto (stadio III o IV). Si stima che circa il 15% dei pazienti con cheratocono necessiterà un trapianto di cornea. La “recidiva” dopo la chirurgia è rarissima e potrebbe essere dovuta ad una escissione incompleta del tessuto patologico, da un cheratocono preesistente nel lembo donatore o da attività cellulari rimodellanti che determinano una modificazione delle caratteristiche strutturali del lembo. Esistono diverse tecniche chirurgiche (es. cheratoplastica perforante, cheratoplastica lamellare profonda)

In alternativa al trapianto di cornea, esistono diversi trattamenti chirurgici mini-invasivi. Si può intervenire impiantando degli anelli intracorneali (INTACS, Keraring) di polimetilmetacrilato (PMMA) a livello stromale con l’obiettivo di migliorare l’acuità visiva nei soggetti con cheratocono stabile e intolleranza alle LAC. Il risultato è un appiattimento corneale dalla periferia verso il centro proporzionale  allo spessore dell’impianto. L’azione refrattiva degli anelli è determinata da un cambiamento nella lunghezza focale dell’occhio. Le complicanze più rilevanti di questi impianti sono legate all’assottigliamento corneale e all’esposizione degli anelli.  L’incertezza sulla stabilità del cheratocono farebbe escludere del tutto l’utilizzo di tecniche di chirurgia refrattiva come la cheratectomia fototerapeutica (PTK), cheratectomia fotorefrattiva (PRK) e la cheratomileusi in situ con laser (LASIK). Trattandosi di tecniche sottrattive, per molti esperti risultavano controindicate; con l’introduzione del cross-linking questo campo è in fase di studio e sviluppo.

Il cross-linking è un trattamento che ha lo scopo di stabilizzare ed evitare la progressione del cheratocono. La procedura consiste nel foto-polimerizzare lo stroma corneale combinando la vitamina B2 (riboflavina) con radiazioni UVA, aumentando così la rigidità del collagene corneale. I requisiti necessari per eseguire questo trattamento sono: un cheratocono di stadio I-III, progressione del cheratocono, una cornea trasparente e uno spessore corneale centrale maggiore di 400 µm. L’idea dietro questa tecnica nasce in Germania ad opera di un gruppo di medici dell’Università di Dresden con lo scopo di rallentare o bloccare  la progressione del cheratocono evitando il ricorso al trapianto corneale. La tecnica del cross-linking è stata ricavata dall’industria automobilistica dove veniva impiegata per incrementare la resistenza delle vernici. Le proprietà biomeccaniche della cornea dipendono fortemente dalle caratteristiche intrinseche delle fibre collagene, dai legami interfibrillari e dalla loro disposizione nello spazio. Il cross-linking corneale blocca  la progressione della cheratectasia come una sorta di “congelamento” del collagene stromale con conseguente incremento della stabilità biomeccanica della cornea. La metodica è tecnicamente semplice e meno invasiva di altri interventi chirurgici per il trattamento del cheratocono. Il trattamento è più efficace nella parte anteriore dello stroma (primi 300-350 micron), consentendo di  proteggere l’endotelio corneale, il cristallino e la retina. In caso di insuccesso e progressione dell’ectasia, può essere ripetuto. Attualmente, alcuni centri stanno valutando la combinazione di laser ad eccimeri (trattamenti PTK e PRK) in combinazione con il trattamento di cross-linking per eliminare parte delle aberrazioni indotte dalla forma conica irregolare. Nonostante sia una tecnica molto sicura, come in qualsiasi procedura chirurgica vi possono essere effetti collaterali e complicanze. Le complicanze possono essere di natura infettiva, infiammatoria e in alcuni casi vi può essere una riduzione transitoria o permanente della vista per fenomeni cicatriziali.  I dati attualmente presenti nella letteratura scientifica dimostrano che il cross-linking del collagene corneale è una tecnica sicura ed efficace che ha lo scopo di bloccare l’evoluzione della ectasia corneale per prevenire o posticipare il ricorso al trapianto di cornea. Esistono diverse tipologie di trattamento: trattamento standard (segue il protocollo originale di Dresden), trattamento accelerato, trattamento con mantenimento dell’epitelio corneale, trattamento mediante iontoforesi.